martedì 13 ottobre 2009

Pennac, Paolini e gli altri...

Ormai l’avete capito, il mio chiodo fisso è la sociologia. Vedo sociologia dappertutto, è una sorta di malattia e a volte mi scuso con i miei interlocutori. Il rischio è la logorrea.

In questi giorni mi sono capitati due ‘incontri’ casuali molto interessanti dal punto di vista sociologico.

Venerdì scorso (9 ottobre) ho letto con un po’ più di attenzione i quotidiani in cerca di notizie interessanti, ormai i giornali sfornano opinioni in quantità e notizie col colino, affogando tra le opinioni sul caso ‘lodo alfano’. Avevo approfondito poco la questione, ma dopo le molte dichiarazioni fuori schema di Berlusconi mi sono incuriosito.

E mi ritrovo un’intervista che ritengo molto interessante fatta a Daniel Pennac su La Stampa di Torino. Parla di consumerismo infantile sostanzialmente, e offre molti spunti di riflessione per la mia pulsione all’analisi sociologica. Fino a quanto i bambini d’oggi sono modellati su comportamenti consumeristici? E quanto questi modelli influiscono anche sulle fasi di apprendimento e socializzazione scolastica? Belle domande…

Un altro caso interessante mi è dato dall’attore/autore Marco Paolini. Come attore, Paolini, ha segnato il solco. Ha reintrodotto il teatro civico. Il teatro che riporta in scena il ‘sociale’ inteso come una sfera un po’ più larga di quella dei sentimenti affettivi, personali, amorosi. Sia ben chiaro, ci stanno anche quelli, ma sono inseriti con successo in un quadro più ampio. Il cosiddetto ‘botto’ Paolini lo ha fatto perché ha raggiunto il pubblico di massa. Si è svincolato dai circuiti elitari del teatro ed ha cercato di riportare il pubblico a teatro, per ascoltare storie, cronache, ricostruzioni di avvenimenti. Ora, questo ha a che fare con il sociale. Eccome.

E Marco Paolini non ha mai neppure nascosto la sua provenienza e la sua appartenenza ‘politica’. E’ uno di sinistra. Come direbbero in molti.
Si dà il caso però, che l’attore di sinistra piaccia e molto anche, magari, soprattutto a ‘quelli di destra’. Si tratta di esperienze personali, ovviamente. Ma molte volte ho sentito gente che si definisce oppure io etichetto come ‘di destra’ elogiare Paolini, ridere ai suoi spettacoli, citarne battute.

Sabato mattina vado dal mio barbiere di fiducia (persona che ho etichettato come 'di destra', magari sbagliandomi), di solito in sottofondo ha della eccellente musica lounge, degna dei migliori club londinesi. Quella mattina era prestino, le 8. E c’era una stazione radiofonica on air. Ad un certo punto posa il rasoio, esclama una qualche frase in dialetto veneto e mette su un CD con un pezzo di spettacolo di Paolini, in cui un operaio scrive una lettera al direttore per spiegare come è accaduto l’incidente che l’ha portato ad un infortunio grave sul lavoro... sempre in dialetto. Il Barbiere ride, i clienti pure, io mi sento imbarazzato, perché non sono abituato a trattare temi di quel tipo con il mio barbiere, un tipico esempio di breaching experiment, al contrario…

Allora mi domando: ma persone ‘di destra’ possono apprezzare spettacoli ‘di sinistra’? Forse si, Benigni è amato dal pubblico al di là delle appartenenze politiche, La Russa ha dichiarato di ascoltare con piacere Guccini e De Gregori…
Che cosa piace al pubblico di Paolini? Quali messaggi vengono recepiti? Il teatro civico deve per forza caratterizzarsi politicamente?

Ovviamente non sono arrivato a risposte certe, ma il pormi le domande è già un prima piccola soddisfazione.

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